HomeGALENICAAlopecia, si può combattere con i farmaci galenici

Alopecia, si può combattere con i farmaci galenici

Una sessione del congresso di Sifap è stata dedicata alla terapia tricologica. Che, per essere efficace, necessita del giusto principio attivo, del corretto dosaggio, della migliore forma farmaceutica.

Una leggera stempiatura, un diradamento al vertice del capo, qualche capello di troppo rimasto sul pettine o sulla spazzola. Potrebbero essere questi i campanelli d’allarme dell’alopecia androgenetica (la comune calvizie), una condizione che colpisce fino all’80% degli uomini, associata a un incremento dell’attività dell’enzima 5-alfa riduttasi che induce un aumento di diidrotestosterone.

Se ne è discusso durante la sessione La galenica tricologica, medico e farmacista si incontrano, all’interno del settimo congresso nazionale della Società italiana farmacisti preparatori (Sifap), intitolato Il farmacista preparatore si rinnova. Il primo a prendere la parola è stato Pietro Tesauro, presidente della Società italiana di tricologia (Sitri), che ha sottolineato il ruolo-guida dello specialista nel percorso terapeutico del paziente, che si articola in varie fasi. Ecco quali sono.

– Visita

«Durante il colloquio è importante orientare le scelte dell’assistito in modo da ottenere un beneficio e una stabilità a lungo termine, tenendo conto del fatto che l’alopecia è un fenomeno evolutivo», spiega il medico. È anche utile mettere in guardia il paziente da rimedi improvvisati, camouflage, prodotti ingannevoli, che spesso hanno il solo effetto di ostacolare o ritardare le cure.

– Terapia farmacologica

Il suo obiettivo è quello di migliorare la qualità dei capelli. Risulta efficace nel momento in cui da azione estemporanea si trasforma in un’abitudine terapeutica, ovvero in un impegno giornaliero protratto nel tempo. «Per incentivare la compliance del paziente, nel nostro studio è stata introdotta la figura del therapy trainer», rende noto l’esperto.

– Autotrapianto

In caso di necessità, il medico può poi proporre l’intervento chirurgico, che può essere eseguito con due tecniche:

Strip, che consiste nell’asportazione di una sottile losanga di cuoio capelluto dalla regione occipitale e nel successivo innesto dei follicoli nella zona che necessita di infoltimento (area ricevente).

– Fue (Follicular unit excision), che prevede il prelievo di singoli follicoli dalla zona occipitale del capo (area donatrice) e il successivo reimpianto nell’area ricevente.
In alcuni casi, quando il diradamento è marcato e ha un impatto psicologico negativo sul paziente, può essere indicato procedere senza attese con il bisturi. «È comunque importante che il trapianto venga svolto da personale competente e specializzato», ci tiene a ribadire Tesauro, «perché “attacchi chirurgici” non precisi spesso determinano una grave deplezione dell’area donatrice, rendendo necessario un ulteriore intervento». Oltre che per motivi estetici, quest’ultimo può essere effettuato anche a fini ricostruttivi, per esempio per migliorare gli esiti di ustioni, cicatrici, radioterapia.

– Terapia di mantenimento

Chi pensa, però, che con il trapianto sia tutto risolto si sbaglia di grosso. All’intervento deve, infatti, seguire una terapia farmacologica mirata al mantenimento dei risultati ottenuti. «Se così non fosse», avverte il chirurgo, «il rischio sarebbe quello di mantenere i capelli trapiantati, ma di andare progressivamente incontro a un peggioramento in altre aree del capo, che potrebbe poi richiedere un secondo intervento». Bisturi e medicinali devono, insomma, andare di pari passo per ottenere il miglior risultato possibile.

Quando la calvizie riguarda le donne

E per quanto riguarda le donne? In alcuni casi, l’alopecia femminile è di tipo androgenetico e ha, quindi, le stesse origini di quella maschile. Spesso, però, il disturbo presenta caratteristiche specifiche: diradamento centrifugo (con perdita di capelli al vertice e nell’area frontale del capo), ipotrichia (miniaturizzazione dei capelli), radice capillare che mantiene la propria profondità fino agli stadi più avanzati di malattia. In questo caso, la causa del problema si può rintracciare in un deficit follicolare di 3 alfa-reduttasi o di aromatasi che provoca una carenza di estrone, che va riportato a livelli adeguati con una terapia appropriata.

In laboratorio

Proprio sulle terapie interviene Mauro Castiglioni, fondatore e amministratore delegato di Lem Compounding Research e consigliere di Sifap, focalizzandosi sulla peculiarità delle preparazioni galeniche tricologiche che, come spiega, «trovano il loro razionale nel fornire al paziente un prodotto non reperibile nel ciclo distributivo, mettendo a sua disposizione, in collaborazione con il medico, una terapia personalizzata, unica e mirata».

Ma cosa tenere sotto controllo in laboratorio? «Le caratteristiche chimiche del principio attivo, il dosaggio, gli eccipienti, la forma farmaceutica», suggerisce l’esperto. «In particolare, questi ultimi due elementi sono importanti perché possono determinare la biodisponibilità delle molecole stesse e, quindi, la loro performance».

Principi attivi

Sono vari e ciascuno può avere diversa struttura chimica: estrone (base o solfato), minoxidil (base, solfato, cloridrato), 17 estradiolo (alfa o beta), idrocortisone (acetato o butirrato).

Dosaggi

«La dose caratterizza l’azione terapeutica», specifica il farmacista. «Si può, per esempio, iniziare la terapia con il dosaggio più elevato per poi diminuirlo gradualmente». Ecco le percentuali comunemente impiegate:

– Estrone base 0,1-0,5%
– Progesterone 1-2%
– Ciproterone 0,5-1,5%
– Latanoprost 0,0049-0,1%
– Idrocortisone 1-2%
– Fluocinolone 0,1-0,5%
– 17 alfa estradiolo 0,1-0,5%
– Finasteride 0,5-2,5%

Forme farmaceutiche

In ambito tricologico, si possono allestire varie formulazioni, integrando il farmaco con la parte cosmetica della preparazione. Ecco le principali.

Lozioni: preparazioni liquide con differenti viscosità. Possono essere soluzioni, emulsioni, sospensioni. Possono contenere uno o più principi attivi, oltre a antimicrobici, antiossidanti, emulsionanti, stabilizzanti.

Shampoo: prodotto in cui alla funzione di detersione si può sommare anche un’azione medicale.

Maschere: forme farmaceutiche che, attraverso l’applicazione del preparato (che può essere lasciato in posa per 15-20 minuti), svolgono un’azione assorbente o rilasciano i principi attivi, che possono essere sciolti o dispersi nella base.

Sieri: emulsioni fluide o iperfluide che contengono due differenti fasi, lipofila e idrofila.

Fiale: preparazioni liquide che possono essere divise in monodose (da circa 4-5 millilitri l’una).

Gel: sistemi semisolidi nei quali una fase liquida è stata “intrappolata” in una struttura reticolare tridimensionale. Possono essere lipofili o idrofili.

Creme: sistemi multifasi costituiti da una fase idrofila e da una lipofila che coesistono. Si dividono in lipofile o idrofile.

«Nella terapia del cuoio capelluto può essere utile la forma occlusiva (per esempio, con una cuffia), in grado di impedire la perdita di acqua transepidermica, favorendo così la penetrazione del principio attivo», aggiunge Castiglioni.

Eccipienti

Si possono utilizzare ethoxydiglycol, glicole butilenico, acido linoleico (vitamina F), propanediolo, tocoferil polietilen glicole succinato, dimethyl isosorbide.

Enhancer

Si tratta di sostanze che possono aumentare la penetrazione del principio attivo. In particolare, gli enhancer chimici, come etanolo, propilenglicole, dimetilsolfossido, possono incrementare la diffusibilità della sostanza all’interno della barriera, aumentare la solubilità nel veicolo o entrambe, migliorare il coefficiente di partizione.

Per facilitare l’assorbimento si possono anche utilizzare nuove tecniche: vescicolari (liposomi e niosomi), molecolari (ciclodestrine), particellari (microcapsule e matrici particellari).

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