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Dispositivi di protezione in farmacia

La galenica deve tutelare il paziente, attraverso il rispetto di standard di qualità specifici, ma anche l'operatore, mediante i dispositivi di protezione

La galenica è uno strumento insostituibile per portare al paziente un farmaco personalizzato che tuteli i requisiti di qualità indispensabili, anche alla luce delle significative ripercussioni sulla salute.

Tuttavia, l’attenzione per il paziente deve essere affiancata dalla protezione dell’operatore, che viene in contatto con sostanze potenzialmente tossiche o comunque pericolose.

A questo scopo, la normativa prevede l’obbligo, per il datore di lavoro, di un’adeguata valutazione del rischio e della adozione di dispositivi di protezione individuale e collettiva opportuni.

Attorno a questi punti si articola il webinar organizzato da SIFAP e SIFO Dispositivi utili per la protezione individuale e device per l’allestimento dei medicinali in Farmacia. Un evento moderato da Davide Zanon (coordinatore area galenica SIFO) che si è tenuto il 17 giugno e che rientra nell’ambito dell’iniziativa di formazione promossa dalle due società La Galenica continua online.

Dispositivi di protezione: conoscere il rischio

L’art. 2 del Decreto Legislativo 81/08 definisce il rischio come

probabilità di raggiungimento del livello potenziale di danno nelle condizioni di impiego o di esposizione ad un determinato fattore o agente oppure alla loro combinazione

Il termine richiama dunque una nozione probabilistica, perché esprime la probabilità che si verifichi un evento in grado di causare un danno alle persone.

L’obiettivo del datore di lavoro, che è responsabile della sicurezza nell’ambiente di lavoro, è quindi quello di ridurre il più possibile il rischio, poiché eliminarlo non è verosimile.

Il primo passo è quello della sua conoscenza dettagliata e scrupolosa.

La valutazione del rischio

La valutazione del rischio non è una pratica soggettiva, ma si basa su precise equazioni matematiche.

Il suo valore, per uno specifico evento, dipende da due parametri:

  • pericolosità, che rappresenta la probabilità del verificarsi dell’evento
  • magnitudo, che è una misura della gravità delle conseguenze associate al rischio temuto.

Non è quindi sufficiente che un incidente sia probabile, ma è indispensabile considerare anche l’entità del danno eventuale ad esso associato.

Gli adempimenti del datore di lavoro

Nicola Nigri, farmacista ospedaliero presso l’Ospedale di Foligno, spiega per SIFAP quali sono le diverse tipologie di sostanze con cui il preparatore può venire in contatto.

Che si tratti di composti chimici, agenti biologici (microorganismi naturali o modificati) o entità fisiche (radiazioni ionizzanti, campi elettromagnetici), la gestione di questi diversi ambiti è inquadrata da normative specifiche.

La normativa impone al datore di lavoro di effettuare la valutazione del rischio e di mettere in campo tutte le soluzioni possibili per la prevenzione e per la protezione degli operatori in termini di:

  • corretto utilizzo delle attrezzature di lavoro
  • rispetto delle norme in vigore
  • realizzazione di un piano per la gestione delle emergenze
  • corretta esecuzione delle procedure da seguire in caso di reale pericolo.

e in ultimo, ma non certo meno importante, di impiego dei dispositivi di sicurezza collettiva e individuale.

Dispositivi di protezione collettiva

La legge stabilisce che l’uso dei dispositivi di protezione collettiva (DPC) è prioritario
rispetto a quello dei dispositivi di protezione individuale (DPI).

In farmacia, per DPC si intendono i sistemi che intervengono direttamente sulla fonte inquinante, riducendo il rischio di esposizione del lavoratore e la contaminazione dell’ambiente di lavoro.

Gli armadi di sicurezza

Sono finalizzati allo stoccaggio dei prodotti pericolosi, sebbene per gli infiammabili e le bombole di gas compresso siano previsti armadi specifici.

In base alla tipologia di agente, viene assegnata una specifica posizione.

La posizione dello stesso armadio nell’ambito del laboratorio deve rispettare criteri di riduzione del rischio.

Le cappe chimiche

Le cappe chimiche e i relativi impianti di aspirazione rappresentano i principali dispositivi di protezione collettiva per la tutela della salute degli operatori dal rischio derivante dall’uso e manipolazione di agenti pericolosi.
Tali sistemi proteggono l’operatore da schizzi, incendi o esplosioni

Le più usate sono quelle ad estrazione totale dell’aria, che devono possedere la certificazione secondo la norma EN 14175 rilasciata da ente accreditato.

Le cabine di sicurezza biologica

Le cabine di sicurezza biologica (biohazard) servono a creare una barriera a protezione dell’operatore e dell’ambiente di lavoro dal rischio di esposizione agli aerosol di agenti patogeni.

Alcune versioni sono utilizzate anche per garantire la sterilità del prodotto.

Adempimenti relativi ai dispositivi di protezione collettiva

Il datore di lavoro deve effettuare la manutenzione ordinaria e straordinaria dei dispositivi di protezione.

Inoltre, dal momento che il dispositivo non deve solo essere usato ma anche usato correttamente, il datore di lavoro deve mettere a disposizione opportune iniziative di formazione per gli operatori.

Dispositivi di protezione individuale

Secondo la normativa, i DPI devono essere impiegati quando i rischi nell’ambiente di lavoro non possono essere evitati o sufficientemente ridotti da misure tecniche di prevenzione, da mezzi di protezione collettiva, da misure, metodi o procedimenti di riorganizzazione del lavoro (art. 75, D.Lgs. 81/2008).
Come sottolinea Giovanni Fiorentini, farmacista di comunità a Brescia, questi dispositivi possiedono dunque carattere residuale. Devono essere impiegati solamente se nel luogo di lavoro non è possibile adottare misure per la salute e sicurezza più robuste ed efficaci per limitare il grado del rischio assegnato alla mansione stessa. Come emerge dalla Sentenza n. 34789 del 27 settembre 2010 della Cassazione Penale Sezione IV.

In base all’art. 74 del D. Lgs. 81/08, per dispositivo di protezione individuale si intende una qualsiasi attrezzatura destinata ad essere indossata e tenuta dal lavoratore allo scopo di proteggerlo contro uno o più rischi suscettibili di minacciarne la sicurezza o la salute durante il lavoro, nonché ogni complemento o accessorio destinato a tale scopo.

In alcuni casi, è richiesta un addestramento specifico per il loro corretto uso. Anche se non obbligatorio, potrebbe essere utile incaricare una persona che si occupi della gestione dei DPI.

Sono disponibili dispositivi di protezione individuale per il capo (cuffia), dei piedi (calzari monouso e gambali antiscivolo in TNT o PVC), del corpo (il classico camice chiuso ai polsi), le mani (guanti senza polvere, in nitrile o neoprene, che garantiscono massima sensibilità all’operatore; sterili all’occorrenza e rigorosamente della taglia corretta), occhi e viso (occhiali e visiera, tipicamente non monouso), vie respiratorie (mascherine chirurgiche, FFP2, FFP3).

La formazione per l’uso dei DPI

Meglio fare formazione periodica del personale o fornire un supporto al momento dell’inizio dell’attività?

Quando l’attività di preparazione galenica viene istituita in una farmacia, viene fatto il grosso della formazione. Ma anche in seguito è necessario continuo supporto. Quindi, anche se la legge non lo impone, può essere opportuno organizzare iniziative a cadenza regolare sugli aspetti critici inerenti l’uso dei dispositivi di protezione.

Device utili nell’allestimento di alcune preparazioni

L’obiettivo è sempre la qualità del prodotto finale. E in galenica, fa osservare Stefano Loiacono (farmacista ospedaliero a Belluno e componente area galenica clinica SIFO), la qualità dipende anche dalle apparecchiature, dai dispositivi e dai materiali a disposizione.

La Tabella 6 della FU indica l’elenco delle apparecchiature obbligatorie.

Dall’ancoretta magnetica al turboemulsore, il grado di complessità del dispositivo aumenta ed è in grado di offrire supporto per preparazioni anche sofisticate.

Loiacono illustra esempi di dispositivi semplici ma di grande impatto nella pratica clinica. Dispositivi che generano sistemi chiusi fra sondino nasogastrico e contenitore (per bypassare l’assenza di connettori adatti fra siringa e sondino) e i connettori femmina-femmina per luer lock.

Questi ultimi sono diventati popolari durante le prime fasi della pandemia, quando si sono rivelati fondamentali per l’allestimento di antiretrovirali destinati ai pazienti non coscienti, che non erano in grado di assumere compresse.

In tutti questi casi, è necessaria un’attenta valutazione dei materiali di cui i dispositivi sono costituiti per prevenire incompatibilità con i prodotti con cui vengono a contatto.

 

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