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Fitoterapici, vantaggi e rischi della complessità

La presenza di un pool di sostanze in sinergia rende i fitoterapici particolarmente efficaci ma nel contempo favorisce la possibilità di interazioni dannose. Una sessione del VII congresso Sifap ha analizzato la questione

Uno dei principali punti di forza dei prodotti a base di piante medicinali risiede nella loro complessità. La presenza contemporanea di un pool di sostanze permette, infatti, un’attività biologica che sarebbe impossibile con una singola molecola. Questo perché nella maggior parte dei casi nessuno dei componenti è in grado, singolarmente, di replicare l’azione del fitocomplesso, che deriva, spesso, dalle sinergie e dagli antagonismi tra le diverse molecole.

Questa capacità di moltiplicare l’effetto delle singole componenti rappresenta, però, anche il maggior fattore di rischio dei fitoterapici e impone cautela nel loro impiego.

Complessità e variabilità

Il VII Congresso SIFAP ha dedicato a questo tema un’apposita sessione intitolata “Botanicals, qualità e interazioni” nella quale Fabio Firenzuoli, responsabile del CERFIT (Centro di ricerca e innovazione in fitoterapia e medicina integrata) e docente e coordinatore scientifico del master in “Fitoterapia generale e clinica” all’Università degli Studi di Firenze – ha fornito un quadro completo delle sinergie e delle interazioni possibili.
Queste non riguardano solo le reazioni tra le molecole di un fitocomplesso, ma anche tra diversi fitocomplessi e tra fitoterapici e farmaci. Firenzoli, inoltre, ha  chiarito che anche la variabilità costituisce un fondamentale fattore di rischio.

Sarebbe più corretto parlare di fitocomplessi al plurale perché ogni tecnica estrattiva in realtà può fornire fitocomplessi diversi della stessa pianta.

Fabio Firenzuoli, responsabile CERFIT

Sinergie interne

Il caso più classico di sinergia è quello tra le molecole all’interno del fitoterapico. Un esempio molto noto è l’effetto antidepressivo dell’estratto di iperico dovuto all’azione combinata dei flavonoidi con le ipericine e le iperforine. «Nessuna molecola estratta dall’iperico ha un effetto antidepressivo in sé, solo il fitocomplesso completo».

In alcuni casi, la compresenza di alcune molecole riduce gli effetti collaterali che si potrebbero verificare impiegando una singola molecola. I glucosidi salicilici, ad esempio, si comportano come trasportatori di profarmaci, rilasciando il metabolita attivo all’interno dell’organismo e proteggendolo al tempo stesso grazie alla presenza di altre frazioni dell’estratto, come i polifenoli.

Grazie a questa azione orchestrata, un estratto di salice con queste caratterizzato provoca meno effetti collaterali sulla mucosa gastrica rispetto all’impiego dell’acido acetilsalicilico.
Un caso simile si ha quando il fitocomplesso riduce la tossicità rispetto alla singola molecola. L’estragolo, ad esempio, presenta un potenziale rischio di tossicità. Già nel 2001, l’Agenzia europea del farmaco lo aveva classificato come sostanza cancerogena e genotossica. L’estratto di finocchio, però, oltre all’estragolo, contiene alcuni flavonoidi che ne bloccano la potenziale azione cancerogena. L’uso di un fitocomplesso di finocchio, dunque, non comporta i rischi che si avrebbero con la somministrazione dell’estragolo puro.

Sinergia tra fitoterapici

Un’altra possibilità di sfruttare l’azione complementare tra le varie componenti si ha nell’utilizzo di un fitoterapico complesso, le cui diverse frazioni esplicano effetti farmacologici diversi che possono essere complementari e concorrere a un trattamento più completo. Un esempio di questa situazione si ha con l’utilizzo di estratto di aglio – correttamente caratterizzato – in un paziente con una iniziale sindrome metabolica. Questo composto può fornire un’azione ipoglicemizzante, ipocolesterolemizzante, di antiaggregante piastrinico e vasodilatante; un unicum che può essere utile per alcuni pazienti opportunamente selezionati.
Alcune frazioni vegetali hanno anche l’effetto di amplificare l’assorbimento di alcune molecole attive. Tipico è l’esempio delle procianidine che favoriscono l’assorbimento delle ipericine dell’iperico amplificandolo rispetto alle sole ipericine.

Viceversa, l’assunzione di un estratto fitoterapico contemporaneamente alla somministrazione di alcuni farmaci può ridurne gli effetti collaterali. Estratti di piante come la camomilla e la liquirizia, ad esempio, sono in gradi di fornire un protezione gastrica in caso di assunzione di farmaci come i Fans o i chemioterapici.

I fitoterapici – come quelli contenenti terpeni – possono anche ridurre la resistenza alle terapie prolungando l’attività terapeutica del farmaco.

Interazioni pericolose

Il rovescio della medaglia risiede naturalmente nel rischio di interazioni negative. La compresenza di una moltitudine di sostanze aumenta infatti anche la possibilità che gli effetti delle molecole si annullino a vicenda o se ne riduca l’efficacia, che diminuisca la biodisponibilità, che si verifichino reazioni allergiche. Una semplice variazione nella composizione dell’estratto, ad esempio può rivelarsi rovinosa.

La frazione dei triterpeni della centella, ad esempio, viene impiegata con successo per alcuni disturbi di tipo venoso ma qualora si utilizzasse un estratto differente, contenente anche polifenoli e altre sostanze, si correrebbe il rischio di realizzare un preparato che ha come target biologico il sistema nervoso centrale. Mentre l’estratto standard non presenta rischi, questo potrebbe interagire con farmaci attivi sul SNC come ansiolitici e antidepressivi.

In 18 anni di attività come gruppo di ISS, abbiamo raccolto 2.315 segnalazioni di cui un terzo rappresentato da eventi gravi, anche mortali. Nel 40% dei casi c’era la concomitante assunzione di farmaci.

Fabio Firenzuoli, responsabile CERFIT

 

I rischi dell’automedicazione

Il rischio maggiore, comunque, risiede nel fai da te. Due esempi emblematici sono presenti nel report 2008 del centro di ricerca sulle reazioni avverse in fitoterapia.

In un caso, una donna di 48 anni dopo un trapianto di fegato è stata colpita da un’epatite fulminante in seguito all’assunzione di una moltitudine di estratti vegetali realizzati artigianalmente. L’analisi delle erbe utilizzate ha rilevato dosi di antrochinoni così elevate da giustificare il danno epatico.

Il secondo caso è anche più inquietante perché coinvolge l’interazione fatale di prodotti regolarmente in commercio. Una paziente che assumeva da cinque anni il farmaco antiasmatico montelukast è deceduta per insufficienza epatica acuta in seguito all’utilizzo di due integratori, regolarmente autorizzati come coadiuvanti nelle diete ipocaloriche. Entrambi i prodotti, però, facevano uso dell’estratto di arancio amaro che, oltre alla sinefrina, contiene citroflavonoidi del tutto simili a quelli del pompelmo in grado di innescare reazioni imponenti e rapide modificando la cinetica dei farmaci; in questo caso l’innalzamento oltre misura della concentrazione di montelukast ha condotto al decesso della paziente.

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