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Supporto dermocosmetico al paziente oncologico

Il VII Congresso SIFAP apre i lavori con una serie di relazioni nelle quali viene sottolineato il beneficio terapeutico offerto al paziente oncologico dal supporto dermocosmetico

Con l’aumento dei tassi di sopravvivenza e guarigione dal tumore, l’attenzione della comunità scientifica si è riorientata verso l’analisi della qualità di vita dei pazienti. In questa prospettiva, le ripercussioni delle terapie oncologiche sui tessuti in rapida proliferazione fanno della pelle uno degli organi più colpiti dalle reazioni avverse a esse correlate.

Trasformare le tipologie di cancro in passato incurabili in malattie sempre più trattabili rende necessario lo sviluppo di protocolli per la gestione delle cronicità che non possono trascurare gli aspetti psicologici della malattia e delle cure. Da questo punto di vista è evidente l’importanza della costruzione attorno al paziente di una rete multidisciplinare di specialisti che si occupino in maniera completa della sua salute e del suo benessere.

Lucia Brambilla, dermatologa e coordinatrice del Gruppo di Studi ADOI sul Sarcoma di Kaposi, apre il suo intervento nella sessione sul Supporto dermocosmetico al paziente oncologico al VII Congresso SIFAP definendo la dermocosmetologia come un approccio multidisciplinare che coinvolge l’oncologo, lo psicologo e il dermatologo.

Le ricadute dermatologiche del malessere psicologico

I sintomi della malattia e le reazioni avverse prodotte dalle terapie si sommano a uno stato di generale fragilità, anche psichica, quando il paziente è anziano.

Lo stress generato dalla malattia non è ininfluente sul quadro clinico. L’attivazione degli assi ipotalamo-ipofisario e ipotalamo-pituitario ad esso connessa porta alla liberazione di catecolammine e glucocorticoidi. E, com’è noto, queste sostanze deprimono la risposta immunitaria cellulare citotossica diretta contro le cellule tumorali, penalizzando le possibilità del soggetto colpito di combattere il tumore.

In ragione delle modifiche che induce e che alterano l’immagine corporea, il tumore causa una tempesta emotiva, espressa in maniera eclatante soprattutto in alcune forme tumorali, ad esempio nel carcinoma mammario.

Le osservazioni sperimentali mostrano che il supporto dermocosmetico migliora la sintomatologia cutanea e il benessere generale, potenziando le difese immunitarie. Un punto su cui i relatori di questa sessione, moderati da Antonino Di Pietro, dermatologo e direttore dell’Istituto Dermoclinico Vita Cutis, insistono con forza.

Per contro, l’abitudine a trascurare gli aspetti estetici della malattia spinge il paziente ad essere meno attento alla terapia, a dimenticare le dosi di farmaci e, in ultima analisi, a peggiorare l’aderenza al trattamento.

Trattare le lesioni del cavo orale

Il paziente oncologico lamenta spesso manifestazioni quali xerostomia, afte e mucositi del cavo orale, che, unitamente alla disfagia (sintomo non raro) rendono difficile quando non impossibile l’alimentazione, con conseguenze potenzialmente impattanti sulla perdita di peso.

In questi casi, è possibile intervenire consigliando l’uso di collutori, spray e gel buccali ad azione umettante, antimicrobica e sostitutiva della saliva.

Le conseguenze a livello cutaneo

Oltre ai comuni effetti di irritazione, desquamazione e prurito, generati dalle terapie oncologiche, alcuni farmaci possono scatenare particolari disturbi dermatologici. Gli immune checkpoint inhibitors possono, ad esempio, provocare psoriasi e dermatiti psoriasiformi.

Altri composti usati in terapia possono dare luogo a manifestazioni quali prurigo nodularis o vitiligine, che peggiorano la qualità di vita del paziente e che devono essere trattate come tali dal dermatologo.

Nel paziente oncologico si assiste ad un aumento importante delle infezioni batteriche e micotiche del piede, dovuto anche ad una scarsa igiene personale, che può subentrare a causa dello stato psicologico.

In questi casi, il trattamento beneficia della partnership virtuosa fra dermatologo, farmacista e oncologo.

Sebbene le ripercussioni dermatologiche, primarie o secondarie alla malattia e alle cure, siano di per sé quasi sempre trattabili e non mettano a rischio la vita del paziente, il loro aspetto può contribuire a innescare fobie sociali e altre manifestazioni di tipo psicologico o psichiatrico.

In quest’ottica, la valutazione del paziente oncologico deve essere il più possibile globale e tenere conto di tutti in fattori in gioco, incluso il valore che può essere apportato dal supporto dermocosmetico.

Il supporto dermocosmtetico: consigli per la cura della pelle

A seconda dell’area interessata, il soggetto colpito manifesta disturbi diversi.

Se vengono coinvolti i capelli, possono indebolirsi o cadere. L’alopecia è correlata all’assunzione di diversi farmaci chemioterapici.

Ma le reazioni avverse possono interessare anche le unghie.

Può rendersi, inoltre, necessario trattare cicatrici importanti (a causa, per esempio, di complicanze locali post-chirurgiche, quali la formazione di cheloidi) e può aumentare il rischio di infezioni cutanee a causa delle variazioni nella composizione del film idrolipidico protettivo.

In generale, il paziente deve essere invitato non tanto a rispettare alcune regole per un certo intervallo di tempo, quanto piuttosto ad adottare specifiche abitudini che deve rendere permanenti.

Prima fra tutte, quella di attribuire la giusta importanza alle modalità di detersione. L’utilizzo di saponi schiumogeni deve essere evitato, perché espone la pelle ad un rischio aumentato di lesioni. Meglio optare per la cosiddetta detersione per affinità, che implica l’impiego di formulazioni prive di tensioattivi, meglio se oleose, da massaggiare sulla pelle e sciacquare con acqua tiepida.

Per non esercitare un’azione aggressiva il detergente deve essere sempre a pH neutro o acido.

Al fine di evitare la rimozione drastica del film idrolipidico, già assottigliato, l’acqua di lavaggio non deve mai essere troppo calda. A questo proposito Lucia Brambilla ricorda che può essere utile consigliare al paziente l’applicazione di una crema barriera.

Il detergente deve essere sempre risciacquato accuratamente: la permanenza di eventuali residui può, infatti, aggiungersi ai fattori di irritazione.

Per prevenire la xerosi cutanea e il conseguente grattamento (che aumenta il rischio di eczemi), la pelle del paziente oncologico necessita di un’idratazione ed un nutrimento particolari.

Per questa ragione vengono consigliate preparazioni contenenti microemulsioni a cristalli liquidi (oli ricchi di acidi grassi polinsaturi delle linee omega-3 e omega-6, vitamina F), prive di coloranti e profumi, che possono essere preparate impiegando attivi umettanti (glicerina, PEG, alfa-idrossiacidi) e nutrienti (olio di mandorle dolci e lanolina).

Gli arrossamenti spesso presenti possono essere trattati mediante l’utilizzo di preparazioni arricchite con attivi ad azione lenitiva come il bisabololo.

La fotoprotezione

Il sole può produrre danni irreparabili su una pelle già messa a dura prova. Una delle conseguenze a maggiore incidenza nel paziente oncologico è rappresentata dalla cheratosi attinica, condizione che rappresenta un campanello d’allarme importante per le sue possibilità di evolvere in carcinoma spinocellulare.

In generale, l’assunzione di farmaci chemioterapici aumenta il rischio di danni cronici legati all’esposizione al sole.

Indispensabile, quindi, l’uso di un’adeguata fotoprotezione, basata sull’utilizzo di filtri fotostabili certificati e non assorbibili. Al fine di prevenire la cheratosi attinica e lo sviluppo di tumori cutanei, possono essere proposti al paziente prodotti a base di fotoliasi, un’enzima di origine vegetale che utilizza l’energia della radiazione ultravioletta per riparare i danni indotti dal sole.

Diventa, in questa sede, fondamentale ricordare al paziente che non esiste una protezione totale, ma che l’applicazione del prodotto deve essere rinnovata di frequente. E sottolineare l’importanza della fotoprotezione tessile: occorre raccomandare l’utilizzo di capi protettivi, leggeri e traspiranti, fabbricati con tessuti trattati con filtri UV e traspiranti o con fibre dalle proprietà antimicrobiche.

Al paziente può essere consigliata la fotoprotezione sistemica, a base di carotenoidi (beta-carotene, licopene, astaxantina), coenzima Q o vitamina E.

L’alopecia nel paziente oncologico

La caduta dei capelli come conseguenza delle terapie oncologiche porta con sé gravi effetti psicosociali, che devono trovare attenzione da parte dell’equipe medica che si occupa del paziente.

I farmaci correlati all’alopecia neoplastica includono gli alchilanti citotossici, gli antimicrotubuli e gli inibitori delle topoisomerasi. Ma questa manifestazione dipende anche da altri fattori, fra i quali le condizioni generali del paziente.

L’effetto dei medicinali non si ripercuote solo sui capelli, ma anche sulle ciglia e le sopracciglia, che possono venirne alterate nell’aspetto. Inoltre, può determinare una variazione della struttura dei capelli, arricciandoli se lisci o viceversa.

Il trattamento più efficace per l’alopecia neoplastica è rappresentato dal minoxidil per uso topico, al quale possono essere affiancati supplementi dietetici e trattamenti estetici quali l’applicazione di hair concealers o parrucche.

È anche importante ricordare al paziente che, a 1-3 mesi dalla conclusione della terapia, i capelli ricrescono.

La galenica per il supporto dermocosmetico al paziente oncologico

La galenica può sostenere da molti punti di vista la cura della pelle del paziente oncologico. Anzitutto, permette di adattare la formulazione al tipo di problema. Lo ricorda Mauro Castiglioni, titolare di farmacia a Lentate sul Seveso e Consigliere SIFAP, in apertura della sua presentazione.

Per venire incontro alle esigenze di questa particolare categoria di pazienti, occorre usare attivi sicuri, efficaci e con un basso profilo di rischio, facendo attenzione ad evitare il più possibile i composti di origine naturale, proprio perché si tratta di soggetti caratterizzati da elevata reattività.

La galenica consente di personalizzare il dosaggio, associare più principi attivi, evitare l’uso di eccipienti a cui il paziente è allergico e monitorare la terapia dermatologica.

La formulazione varia in funzione della sede in cui è prevista l’applicazione, delle condizioni della cute, della temperatura, del grado di umidità e di desquamazione, dell’età del soggetto cui è destinata e delle caratteristiche delle sostanze impiegate (peso molecolare, stechiometria, coefficiente di ripartizione, stato di dissociazione), tutti fattori che influenzano l’assorbimento.

In relazione agli scopi per i quali il supporto dermocosmetico è previsto, la preparazione dovrebbe, al di là dell’aderenza alla ricetta, massimizzare la compliance del paziente, personalizzando la terapia. Come propriamente precisa Lucia Brambilla:

Vendere un farmaco è ben diverso dal costruirlo

Nel corso della sua relazione, Castiglioni evidenzia i vantaggi di cui oggi fruisce il farmacista preparatore, come la disponibilità di materie prime sempre più numerose e performanti e di emulsionanti che facilitano l’allestimento (anche per le farmacie che non hanno turboemulsori particolarmente potenti). Fattori che dovrebbero portare a un’estensione del numero di farmacie che preparano.

L’impiego dei conservanti

A questo riguardo, il parere di un farmacista preparatore esperto come Castiglioni è deciso: al paziente deve essere dispensato un preparato che si conservi in maniera sicura, al netto delle polemiche attive negli ultimi anni sull’opportunità dell’uso di conservanti.

La scelta deve ricadere su composti che rispondano ai requisiti specifici e deve evitare sostanze di origine naturale come gli oli essenziali, per prevenire il rischio di allergie.

Fra i nuovi conservanti, il sodium caproyl prolinate, che presenta anche un’azione idratante.

L’allestimento di creme ad azione specifica

La crema base anfifila può servire come strumento di partenza per l’incorporazione di attivi lipofili o idrofili come il bisabololo, il pantenolo o l’acido ialuronico a basso o alto peso molecolare (la cui concentrazione deve tenere conto del PM).

Il pantenolo ed il bisabololo svolgono azione lenitiva, che può essere potenziata dalla presenza dell’ossido di zinco, il quale ha anche effetto protettivo.

La preparazione di ovuli di diazepam per il trattamento della dispaurenia

Il Congresso SIFAP ospita l’esperienza di una farmacista preparatrice nell’allestimento di un farmaco personalizzato per il trattamento della dispaurenia su prescrizione di un ginecologo.

La scelta del diazepam, benzodiazepina a lunga durata azione, si spiega con la sua azione miorilassante e la sua termostabilità. Per quanto riguarda gli eccipienti, vengono impiegati idrosolubili: la miscela 40% di PEG 400 (liquido) e 60% di PEG 4000 (solido) aumenta la solubilità del principio attivo in acqua, di per sé scarsa.

L’agitazione magnetica dei due PEG porta alla fusione del PEG solido, che viene seguita dall’aggiunta del principio attivo e dal trasferimento negli stampi. Essendo stabile a temperatura ambiente, la preparazione non deve essere conservata in frigorifero.

Allestimento di un gel di nifedipina per l’ulcera di Martorell

Alberto Ramella, titolare dell’omonima farmacia di Angera, riporta l’esperienza nella preparazione di un gel transdermico di nifedipina 3% per il trattamento dell’ulcera di Martorell, una lesione ischemica non associata ad arteriopatia né anomalie venose, correlata a dolore intenso e localizzata prevalentemente a livello del terzo medio laterale della gamba.

Il galenico, allestito a partire da una base di gel di poloxamer preparata il giorno precedente, è stato applicato sulla ferita di una paziente anziana diabetica e ipertesa due volte al giorno.

Il caso specifico ha visto la guarigione completa della lesione in tre settimane. Il gel è stato prescritto ed impiegato anche in alcuni casi di ulcere da pressione, mostrando la medesima efficacia.

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